L’aliquota dei premi di produttività scende dal 10 al 5 per cento, ma il compenso spetta a una quota minoritaria di lavoratori.
Con la nuova legge di bilancio avremo anche una detassazione dei premi di produttività. Si tratta di quei bonus che l’azienda eroga al proprio dipendente in seguito al raggiungimento di determinati obiettivi. Questo bonus, che non deve superare i 3.000 euro annui, attualmente è soggetto a un’imposta forfettaria del 10% per i lavoratori con redditi fino a 80mila euro lordi. Con le modifiche inserite nella manovra l’aliquota scenderà al 5%.
Cosa prevedono
La scelta di predisporre questi premi ai lavoratori può essere una scelta della ditta, o talvolta possono essere definiti anche dai contratti collettivi aziendali o territoriali. Inoltre c’è la possibilità che l’erogazione non preveda un bonus in contanti, ma bensì in prestazioni di welfare come spese mediche, asili nido, buoni pasto e via dicendo. Questa conversione in welfare può avvenire solo se prevista dall’accordo tra le parti.
C’è da dire però che questi bonus spettano a una fetta minoritaria dei lavoratori: secondo il segretario della Cgil Maurizio Landini, la contrattazione aziendale riguarda solo il 20% dei lavoratori. Con la riduzione dell’aliquota al 5% però, i dipendenti che ne beneficiano otterranno più soldi in busta paga.
I premi non sono fringe benefit
I premi di produttività non vanno confusi con i fringe benefit, la soglia esentasse per i beni ceduti e i servizi prestati ai lavoratori dipendenti, che dopo il nuovo Decreto aiuti sale da 600 a 3.000 euro. Ad esempio, i buoni acquisto, pc o telefoni aziendali, alloggi in affitto al dipendente o alla famiglia. Nei benefit possono rientrare anche le somme erogate per pagare le bollette. Le novità introdotte con il decreto Aiuti resteranno in vigore però solo fino al 31 dicembre 2022.